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Recruiting resiliente

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17/03/2020

SIMONE VALLONI

HR Specialist presso Aubay

È sotto gli occhi tutti che la violenza pandemica del virus ha portato la società intera a riconsiderare le sue strutture e sovrastrutture. Chiuderci al sicuro nel nostro ambiente domestico per il nostro e per il bene comune, essere una molteplicità di individui che, seppur a distanza, lavora per un obiettivo: evitare che il sistema Paese giunga ad un punto di non ritorno.

La fretta ha lasciato spazio a giornate scadenzate da ritmi più naturali, i balconi in festa si sostituiscono alle rumorose piazze, i bambini coi loro arcobaleni sono diventati i nuovi writer di queste metropoli fantasma ed il lavoro è diventato agile, in una parola smart… In questo cambio di paradigma la funzione RU è sicuramente coinvolta fin nei suoi asset più profondi. Infatti a noi Hr, già dai tempi del taylorismo, spetta occuparci delle relazioni umane, ovvero creare quella continuità di connessioni che avvengono durante la vita aziendale della risorsa fin dalla fase del reclutamento.
Proprio l’attività di recruiting, vestendosi di questa accezione smart che contempla la distanza come valore aggiunto, è costretta a reinventarsi.

Intervistare persone tramite ausili VOIP o video non è una novità, anzi, probabilmente è una delle modalità maggiormente utilizzate in questi tempi globalizzati, dove la propria realtà di professionista può raggiungere in un click paesi e continenti molto distanti. La sfida di oggi, però, è differente, ci fa confrontare con un rapporto recruiter – candidato che diventa sempre più labile. Il tempo di latenza ovvero il momento in cui sarà possibile per la nuova risorsa entrare nel vivo del contesto aziendale, parlare e confrontarsi con le persone del proprio gruppo è rimandato ad un tempo sospeso tra l’oggi del virus e l’attesa del domani, di una nuova normalità.

In queste circostanze è fondamentale ed al tempo stesso insidioso mantenere vivo l’interesse del candidato verso la nostra offerta. Occorre, come recruiter, imparare a coltivare la nostra capacità di ingaggiare a distanza, sostituendo al contatto visivo, alle strette di mano l’occhio invisibile della videocamera e trasmettere digitalmente il motivo per cui scegliere noi; bisogna saper guidare ma al tempo stesso rassicurare il candidato sulla scelta di rinnovare la sua preferenza per noi. Diventiamo, in poche parole, dei giocolieri sul filo teso della contrattazione, i cui assi nella manica sono skype, teams e outlook…

In questo equilibrismo telematico al potenziale candidato è richiesta flessibilità, adattabilità e apertura al cambiamento. Tutto a portata di application o così sembra… occorre essere alfabetizzati rispetto ad un mondo del lavoro a doppia velocità che viaggia sui binari della continua trasformazione e della sostenibilità di nuovi modelli organizzativi improntati all’autonomia e autoregolazione. Data la premessa, siamo davvero sicuri che, ad oggi, il miglior candidato sia quello tecnicamente più valido? Il recruiter infatti non è più solo alla ricerca di una vacancy da riempire ma di un potenziale su cui investire.

Fortunatamente, nel corso delle tre rivoluzioni industriali, abbiamo raggiunto un adattamento tale a stili e modelli organizzativi differenti che possediamo quasi un’inclinazione naturale alla resilienza nel trovare modalità nuove e creative a problemi imprevisti. Come Aubay Italia la nostra attività di recruiting continua nonostante l’emergenza, nonostante un settore come quello ICT dove la concorrenza è sostenuta e saper fare la differenza rispetto ai competitor è un imperativo morale; continuiamo a reclutare le risorse, ad attrarre nuovi talenti ed inserirli in un contesto agile e di avanguardia.

Come? Come in una relazione a distanza che si rispetti, sostenendo i nostri valori, l’impegno e mettendoci tutta la passione di Hr e di tutti i professionisti Aubay nel creare un ambiente lavorativo che potenzia la dimensione umana tramite l’innovazione tecnologica in questi tempi smart… o meglio di smart-working.

Aggiornamenti dal fronte

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12/03/2020

ELISABETTA COCCO

HR Generalist presso Aubay

Siamo dal 24 febbraio in smart working, e siamo pronti a continuare così fino a quando sarà necessario.

Abbiamo imparato a fare delle cose in modo diverso, siamo stati costretti ad usare tecnologie che erano già disponibili da tempo, ma per lo più ignorate. Abbiamo costretto i nostri interlocutori ad accettare le interazioni via web, a vedere presentazioni on line, a firmare contratti con persone che non avevano mai visto dal vivo.

Ci siamo anche scoperti solidali, supportando il vicino anziano che ha bisogno di qualcuno che gli faccia la spesa, preoccupandoci di restare in casa per la tutela anche degli altri.

Ci siamo scoperti anche più egoisti, quando abbiamo pensato che la nostra salute o il nostro divertimento venisse prima di tutto, prima degli altri, prima del paese.

Mentre questo esperimento di lavoro a distanza prendeva piede abbiamo cercato di capire cosa ne pensavano i nostri dipendenti. Così il 28 abbiamo lanciato una survey per analizzare a caldo cosa stavano vivendo i colleghi in Italia.

Alla survey hanno risposto 744 persone in 5 giorni, il 40% della popolazione aziendale.

Le risposte ricevute sono relative a tutte le sedi aziendali in modo commisurato alla popolazione che vi afferisce.

Al di là della visione di dettaglio sui singoli Item che sarà riservata ad una diversa pubblicazione vi racconto cosa mi ha colpito:

· L’87% ha fatto smart working nei giorni di riferimento. Parliamo di giorni in cui ancora non c’era un obbligo dato da decreti legge, ma solo un caloroso consiglio aziendale. Nessuno dei nostri uffici era in zona rossa. Vi è stata una fortissima sensibilità a comprendere l’importanza della proposta a lavorare “a distanza”.

Solo il 39% del campione ha figli minorenni o maggiorenni conviventi. Quindi l’impatto dello smart working non è strettamente legato alla necessità causata dalle chiusure scolastiche (allora solo in Lombardia).

· L’86% di chi ha fatto smart working ha riscontrato maggiore concentrazione. Sicuramente la possibilità di lavorare senza interruzioni esterne è uno dei fattori che influisce positivamente sulle performance. Personalmente influisce positivamente anche sulla creatività. Per contro, proprio quelle interruzioni ci mancano: nelle risposte aperte, non in misura troppo rilevante, emerge una tendenza a “non staccare”, a fare meno pause. Proprio questa mancanza di interruzione, di interruzione sociale aggiungerei, porta un po’ di fatica nell’usare questa modalità per tanto tempo.

· La giusta conseguenza è che il 57,7% degli intervistati preferirebbe usare lo smart working tra 1 e 2,5 giorni la settimana. Insomma, il contatto con i colleghi in ufficio è comunque un fattore importante da tutelare. Il 28,8% andrebbe in ufficio solo se necessario, forse valorizzando maggiormente il contenuto del lavoro rispetto alla relazione con i colleghi.

Per noi che svolgiamo attività di consulenza uno dei fattori fondamentali è la percezione del cliente. I nostri colleghi hanno percepito i loro interlocutori Soddisfatti o Molto soddisfatti nel 98% dei casi. Ovviamente non è un dato diretto del cliente, ma la percezione di chi deve garantire un determinato livello di performance nel proprio lavoro è certamente significativa. Il 50% dei colleghi pensa che questa esperienza abbia aiutato l’avvicinamento dei clienti ad una modalità di erogazione del servizio più Agile.

Riuscire nell’impresa di cambiare il modello di erogazione dei servizi è certamente molto più a portata di mano oggi, cercando di mantenere efficaci i sistemi di comunicazione e puntando verso modalità di azione che si focalizzino sempre di più sul contenuto e sempre meno sulla presenza.

Smartworking…load test

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25/02/2020

PIERGIUSEPPE DELFINO
CISO & CIO presso Aubay

crash test of the smarworking system … wednesday 19 i make a decision, i say to my team “guys ! start thinking about a strong, very strong, strengthening of the smartworking structure” … it was from monday 17 that i thought about it .. two days … it was already late !!!

thursday a race against time guaranteeing over 500 people to be able to work remotely from monday 24…

friday the email from HR Director, the right Company decision to limit as far as possible: travel, contacts, aggregations, in substance those who could work via VPN had the “go-ahead” 360 degrees.

No panic, no real concern if not the civic duty of each Company and each person to limit this “ugly beast”.

Since friday … my staff has worked wonders, because it doesn’t just mean connecting via VPN to our infrastructures but through them on a “mule’s back” going to reconnect to the Customer systems where we are Consultants.

Friday also the phone call from my Vice President al 21:30 “… no fear, no alarmism but … if you can guarantee 100% of the connections of the “home” staff remotely, it’s even better.”

Now understand… 11 Italian offices from Turin to Milan, Rome, Siena, Naples, Bologna … i love my VP !!!

it’s a challenge ! but our Company was born and lives on the technological challenges entrusted by our Customers so it is not only collecting, understanding, designing and managing but it is that pinch of “madness” that leads you to go beyond yourself!

Monday 24 morning, “a day of ordinary madness”, the biggest problem that some people, despite documentation, manual information and a crisis team made by HR, logistics coordination and other actors, some had never configured or used the VPN on their corporate PC because they really never needed it.

Fortunately, already in smartworking mode, all IT staff thanks to mobile phones, softphones and a little patience in waiting for users in the queue have all been configured.

monday 24 afternoon … almost deserted offices, all connected vpn, someone who forgot the token pin (our vpn system provides strong authentication), someone who does not remember how remotely it is possible to access a network folder, simple telephone instructions given by the IT crisis team that have made it possible to solve even small things, which when working remotely, however, become giant problems.

While this was happening on Monday morning, by videoconference thanks to some fantastic colleagues from Rome we carried out the audit for the confirmation of the ISO 27001 certification which took place with a positive outcome.

in thse days, we do not miss anything, with all the other delivery teams we are putting colleagues in a position to connect remotely to our Customers who have their own procedures, their VPN systems, therefore a real “procurement rush” of 4g routers, smartphones or other although, i must say that the basic equipment given to our employees is normally more than adequate, we are overpowering because according to the requests we receive from Customers we go (fast) and increase the equipment.

I don’t like self-referencing, it is trivial, this article is to thank “my” IT staff, our Company that has activated all the channels that are a civic sense and respect for the whole population, and the extraordinary protocols of coordination and office management to guarantee Employees, Customers and all those who gravitate around working with fantastic people who think not only of technical but also of human values.

personal note: “a few years have passed since i “forced” our Company to want to be present at the “Agile Labor Day” (aka smartworking) organized by the Metropolitan City of Milan. It has been an experience that in recent years has allowed us to consolidate the smartworking regime a lot, certainly this it is an exceptional event, but the experience we have had has helped us to be more ready than i myself could have thought.”

HR ai tempi del coronavirus

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28/02/2020

ELISABETTA COCCO

HR Generalist presso Aubay

22 febbraio 2020: mentre i media ribattono in coro aggiornamenti sull’evolversi del contagio da coronavirus, e sulle misure adottate nelle scuole e nelle università, inizi a chiederti se c’è qualcosa che puoi fare per dare un contributo costruttivo questa situazione.

Siamo un’azienda fortunata. La nostra è un’azienda digitale e quindi per sua natura gestibile con un pc. Ma per quanto da 4 anni proponiamo accordi di smart working (prima telelavoro), consentire e convincere tanti e in poco tempo a lavorare da remoto era una vetta che non pensavamo di poter raggiungere.

Sabato 22 febbraio abbiamo pensato che, se Aubay avesse evitato le trasferte, avrebbe risparmiato a molti colleghi un bel po’ di preoccupazioni tra aeroporti e stazioni. E quindi abbiamo deciso che tutti i meeting sarebbero stati in videoconference.

Poi abbiamo pensato che se tutti i dipendenti avessero lavorato in smart working avremmo fatto spostare 2000 persone in meno. 2000 persone che ogni giorno non avrebbero preso mezzi pubblici, che avrebbero alleggerito le città, che avrebbero evitato di essere in contatto con altri pendolari in mezzi sovraffollati.

Alla fine quella di evitare le trasferte è stata una direttiva, quella di lavorare in smart working è stata una proposta fatta a tutte le business unit e alle strutture di staff. Una proposta accolta nelle sedi di Milano e Torino all’80% e in tutte le altre sedi di Italia al 40%.

Una task force della struttura IT si era già attrezzata la scorsa settimana, intuendo il pericolo, per potenziare le infrastrutture necessarie per il lavoro da remoto. Lunedì è servito per recuperare i pc e organizzare le attività. La task force di crisi ha dovuto soltanto aiutare chi aveva necessità di supporto per VPN o connessioni dati.

Oggi è il secondo giorno di smart workingper gran parte del personale delle sedi di Torino e Milano e parzialmente per quelle di Roma e Napoli.

Ad essere sincera non apprezzo l’approccio apocalittico che si sta dando alla diffusione del virus, ma per certo sarà l’occasione per imparare qualcosa di nuovo. Ricominciamo a prestare maggiore attenzione alle norme igieniche, a non abusare degli spostamenti (con buona pace anche del clima), e forse a lavorare con un modello organizzativo diverso.

Superato questo periodo capiremo se con questa terapia d’urto abbiamo sradicato un vecchio modello di lavoro, o se rimane solo un esperimento di qualche settimana. Sicuramente l’emergenza in atto ci ha messo nelle condizioni di testare la propensione al cambiamento dell’azienda, ci ha aiutato a spingere sulla flessibilità più di ogni altra iniziativa organizzativa fatta finora.

La nuova sfida sarà capire quanto di questa esperienza potrà consolidarsi in un modello di lavoro permanente.